
JACK BOSIO E FRANCESCO RAGU
Opposti al servizio della patria
Il primo, tenente di cavalleria di alta istruzione, il secondo un analfabeta che venne fucilato.
in comune hanno la terra di origine: Firenze, e il punto di incontro: Cavriè.
JACK BOSIO
Ufficiale di cavalleria
Nato a Firenze il 12 settembre 1893, viene nominato Vice Console nel 1928 e destinato a Parigi (Consolato). In servizio al Ministero nel 1930 e successivamente Segretario Delegazione italiana della Conferenza per la riduzione e la limitazione degli armamenti (1932). E’ destinato a Londra nel 1932 con funzioni di Segretario. Rientra al Ministero nel 1934 e presta servizio presso la Stampa e la propaganda nel 1935. E’ nominato Console il 31 dicembre 1935
Tenente di cavalleria
Durante la ritirata di Caporetto e fino a febbraio del 1918, bazzicò per le zone del medio Piave, avendo come base proprio Cavriè.
Il suo fedele cavallo "Isonzo" e il suo cagnolino "Tanks" lo seguivano ovunque, proprio quest'ultimo è presente in una delle foto
Una lettera spedita alla mamma:
Cara mamma 19.11.17
Ho ricevuto la tua lettera del 17 questa sera.
I giorni sono sono corti e il tempo è bello.
Ci siamo alzati alle sei e siamo andati ad aiutare il prima possibile, abbiamo spesso notti disturbate ed è sempre un su e giù.
Le mie giornate passano e non abbiamo attacchi, il freddo non è eccessivo e non mi disturba troppo. Le mia guancia è ritornata quasi normale, il dolore al giudizio (den- te) è passato, e non mi ha più fatto male finora. Non ho avuto il tempo di avere i brividi durante la batta- glia dei giorni precedenti.
Non ho avuto un tempo di pensare ai miei guai, non dimenticherò mai il 16 e 17 novembre.
La battaglia in “campo aperto”, come nei vecchi tempi, con pistole e cavalli in prima linea, proiettili che fischiano d'ovunque, ufficiali che danno ordini, messaggeri che corrono qua e là, e i nostri “bersa- glieri” cantano e gridano “Savoia”. Mai nemmeno nel Carso ho visto i nostri soldati così splendidi.
Questi splendidi bersaglieri, tutti con le penne, belli a vedersi, con i
loro compagni, fecero un perfetto attacco.
Tutti i giovani “complementi” del '99 andarono all’attacco, erano così fieri di andare avanti e catturare mitragliatrici e prigionieri, che gli ufficiali riuscivano a malapena a trattenerli. Abbiamo avuto molte perdite, ma nemmeno un terzo di quelle austriache. Certi prigionieri, che avevamo preso da poco, cerca- rono di scappare mettendosi delle nostre uniformi, ma ne riuscimmo a fermare più di qualcuno.
Le rive del fiume erano insidiose,
e le isole erano piene di uomini e cavalli morti, per via dei battaglio- ni di cavalleria che tentarono di passare alla riva destra. Come un vero campo di battaglia dei vec-
chi tempi, terribile, ma allo stesso tempo bello. Che calda lezione che abbiamo impartito loro in questi due giorni. Nessuna truppa cercò più di passare, specialmente nei giorni successivi alla nostra bril- lante azione. Come ti ho detto ieri, siamo passati alla 54 divisione e siamo stati assegnati ai bersaglieri. Guarda nel “bollettino” del 17. Questa mattina diversi “mutilati” arrivarono dalla prima linea. Il mo- rale della truppa è migliorato.
Solo se arriveranno gli alleati, po-
tremo pensare immediatamente ad una controffensiva.
Ci saranno sicuramente degli spostamenti difficili, ma speriamo che vada tutto bene come i giorni passati. Ieri ho ricevuto il pacco di lettere del 11, e ho letto il racconto del suo ultimo viaggio.
Mi scuso per la mia “cassetta”,
che non contiene nulla di valore, ma mappe, carte e vecchi souve- nir di guerra. Tuttavia non è male dopotutto, e mi considero molto fortunato, per avere tutto con me compreso i miei preziosi stivali fo- derati. Mi chiedo quale sia il nome dell’ufficiale inglese che mi conosce e che chiede mie informazioni.
Ho ricevuto una bella lettera da Tiddy oggi. Lei conferma che Re- nieri è stato fatto prigioniero e con lui anche Adriano Rizzotti;
Tiddy ha avuto parola da lei che Sammy sta bene. È splendido come tutti lavorano duro dai soldati ai “profughi”. Nessuna nazione è più unita e pronta alla vittoria contro il nemico, non n'è uscita una rivolu- zione come in Russia.
Quello che ci manca di più al mo- mento è fumare, ma le troveremo in pochi giorni e verrano rimesse in circolazione per noi.
Ho ricevuto una lettera da Una
amica berlinese, Marian Fohnson, una gran brava ragazza che vive a piazza Rosenont, e conosci la no- stra relazione.
Lei ha novità di Eleonor Thackara. Brusati sta bene, e spesso andiamo a galoppare insieme; ieri ha trotta- to Isonzo, andò molto bene, Than- ks lo segue ovunque, senza sapere chi è sulla sua schiena.
Ho un fucile austriaco con baio- netta per Lucchi, nel caso venisse a prenderselo.
Vorrei sapere che è successo al mio vecchio reggimento Alessandria nella ritirata. Il tempo è freddo, ma molto bello, non preoccuparti per il mio “impermeabile”, sto bene.
I giorni passano lenti, ma ogni giorno ho più speranza e forza, anche nei giorni più bui non ho mai dubitato sul fatto che avremo resistito. Credo che tu abbia abbon- dante legna, e mi piace pensare che tu sia seduta vicino al caro fuoco, occupata con le tue mani per i nostri profughi e pensando ai tuoi soldati
Una felice immagine di casa, forza e coraggio.
-Jack Bosio
5 Gennaio 1918:
Brusati gran mal di denti e mal di licenza, non ci si ragiona in questi giorni.
6 Gennaio 1918:
Cavriè
La mattina altra ricognizione per posizione della 59 (batteria).
Brusati terribile mal di denti e nevrastico perchè teme di non andare subito in licenza, dovendo sostituire quel cristo di D'Antornielli,
Pomeriggio morto e freddissimo e ghiaccio in terra.
Tempo nuvoloso, calma.
7 Gennaio 1918:
Cavriè
Neve la mattina, pioggia la sera.
Girato tutto il pomeriggio per sistemare nuova posizione che deve assumere il 59, tornando al 7 gruppo la sera apprendo che il movimento della 59 è sospeso!
Così è la vita militare, voci di cambiamento di posizione per il nostro gruppo, è il brutto lato dei pesanti campali. Brutte posizioni e siamo in pochi.
Vengono continue circolari mettendo in guardia contro le spie e la propaganda disfattista. Si lotta contro un nemico ben più terribile del tedesco!: il nemico interno.
Secondo il mio modesto parere, i nostri capi non se ne sono ancora ben resi conto, siamo sulla strada della Russia se non si sopprime in tempo, altro che Giolitti e la democrazia
10 Gennaio 1918:
Cavriè
Bella giornata e freddissima, con Aiello all'8 batteria la mattina, il giorno muovo Isonzo, ma rientro subito perchè rischio di andar per terra ad ogni paso sulle strade ghiacciate.
Calma sul fronte
Serata allegra con i miei compagni
11 Gennaio 1918:
Cavriè
Freddissima giornata, bel tempo, calma, niente di nuovo e poco lavoro.
La sera viene Peretti e giochiamo a poker, non mi posso sottrarre.
Vinco a tutti.
12 Gennaio 1918:
Cavriè
Sereno e freddo, mattinata al gruppo di cavalli, la sera muovo Isonzo e vado all'8 battaglione, non si spara, attività di veivoli, altrimenti calma.
Tra breve tutto il gruppo si sposterà a sud.
13 Genaio 1918:
Cavriè
A cavallo in ricognizione per progettare nuovo schieramento del gruppo tra Zenson e Lampol con Aiello, freddo e strade pericolosissime per i cavalli a causa del gelo.
Asera torna Brusati che mi porta notizie da casa.
Cattivo umore.
FRANCESCO RAGU
Soldato semplice
RAGU FRANCESCO fu Celestino, classe 1885.
Il fatto incredibile è che tutti i soldati, dopo la guerra, furono traslati nelle loro terre di origine o nel sacrario militare di Fagarè, tranne lui.
Il primo passo è stato quello di chiedere informazioni al parroco odierno, che però, non seppe dirmi nulla, non demordendo, mi sono rivolto agli archivi di stato (sede Treviso) per avere la planimetria catastale austriaca, scoprendo che la chiesa parrocchiale venne completamente ricostruita negli anni ’20, e nelle sue fondamenta vennero inglobate diverse tombe senza lapide, e sovrapponendo i dati del catasto con quelli di Don Domenico, il loculo di Ragu figura ora sepolto sotto l’abside destro della chiesa.
Le mie altre perplessità furono: perché questo fu l’unico soldato a non essere esumato? come mai venne sepolto nel cimitero vecchio, quando nel 1914 fu inaugurato un nuovo cimitero? Per quale motivo non figura in nessun albo d’oro?
Roncade , 28 Novembre 1917 ore 16.30
Sa signor presidente, sono un povero uomo ammogliato, soffro di crisi epilettiche molto forti che arrivano al punto di farmi dimenticare ciò che faccio, a volte divento violento proprio per via di queste crisi, esco di me, in corpo c’è buio
Per questo motivo dieci anni fa fui ospitato per dei periodi al San Salvi (ospedale psichiatrico nei pressi di Firenze) cercarono pure di curarmi questo male, hanno tentato diverse terapie con acqua e corrente, pensavo di esserne guarito, ma questa pazza guerra, IL CARSO, tutto ciò che ho passato in questi ultimi due anni, probabilmente hanno fatto uscire questa ultima e grande crisi epilettica.
Chiedo perdono a voi della corte per il mio comportamento e soprattutto al buon attendente Gaspari che ha vissuto in prima persona il mio disagio, e pure lui può provare il mio essere stato assente mentalmente in quella situazione. Sa presidente, non ero di vedetta da quasi un anno, mi è parso di essere ritornato in quelle giornate alla conquista del Podgora, ho risentito le urla dei feriti, il sibilare dei proiettili e gli scoppi delle granate, la mia mente non ha retto ed ho cercato di proteggermi, finchè il Gaspari mi reguardì.
Mi rendo conto solo ora che lo fece per il mio bene, ma in quel momento non mi ricordo proprio cosa feci.
Per provare la bontà delle sue parole, e di non avere nulla da nascondere, Francesco decise di difendersi da solo, infatti, non risulta presente nessun avvocato difensore durante il processo.
I fatti della quale è imputato il soldato semplice del 201 reggimento fanteria ( brigata sesia) Francesco Ragù, sono davvero gravi, e possono essere divisi in 3 imputazioni:
Violata consegna, perché nel posto di vedetta n2 veniva trovato dall’aspirante Gaspari, seduto con le spalle rivolte al nemico
Rifiuto di obbedienza a compiere un servizio di guerra, perché nello stesso giorno, si rifiutava di occupare il posto di vedetta
Di insubordinazione con vie di fatto verso superiore ufficiale, perché nelle stesse circostanze di tempo e di luogo, afferrò un bastone e cercò di colpire l’aspirante Gaspari, l’inseguì fino al comando di compagnia, dove venne fermato una prima volta dal caporale Sacco, per poi divincolarsi ed essere riacciuffato qualche metro più avanti.
Dopo poco più di due ora prese la parola il colonello Pescara, presidente di giuria:
Signor Ragu, abbiamo telegrafato al comando dei carabinieri della vostra città natale ( Pontassieve) essi ci hanno confermato che lei è sempre stato, specialmente negli ultimi anni, un individuo molto problematico, e sappiamo che la sua vita militare non è consona a un soldato che serve la patria con onore, abbiamo cercato di capire se esistesse davvero la precarietà della sua salute mentale, ed abbiamo la certezza, che lei stia mentendo sul fatto di essere stato ricoverato nel manicomio di San Salvi, infatti non è presente in esso nessuna vostra cartella clinica.
Cosa ancora più grave, è che lei in questo periodo, molto importante per il consolidamento delle nostre difese lungo il fiume Piave, fosse girato con le spalle rivolte al nemico, soprattutto nella posizione strategica che li fu affidata, le voglio rammendare che il ridottino vicino Casa Sernagiotto ( località Saletto) è di vitale importanza per tutta la nostra linea difensiva, Lei si trovava a poco più di 1 chilometro dal molino della sega, dove 10 giorni fa molti suo commilitoni, anche i giovanissimi del ’99 diedero la propria vita per non far passare gli invasori austriaci, credo che li abbia visti marciare verso la prima linea, erano accampati proprio li a Cavrie vicino a lei.
Cosa sarebbe successo se l’attendente Gaspari non avesse effettuato l’ispezione in prima linea? Gli austriaci avrebbero potuto prenderci alla sprovvista, e in un sol colpo, superare l’argine regio, conquistare casa Sernagiotto e chissà forse sfondare pure tutta la linea difensiva.
La storia di Ragu, inizia molto prima, nasce infatti il 4 ottobre 1885 a Pontassieve, già alla nascita si preannuncia il primo problema, nasce con una malattia potenzialmente invalidante, questa non è l’epilessia con la quale Francesco tentò di difendersi nel processo che lo vide imputato nel novembre 1917, ma bensì la sifilide, che ereditò dalla madre al momento della nascita, ciò lo portò ad essere rivedibile nel 1905 per la ferma militare dei due anni, che poi recuperò, in parte, con un anno di addestramento nelle fila del 33esimo reggimento fanteria tra il 1907 e il 1908 e con altri tre mesi, nello stesso reggimento, nel 1911, in piena guerra italo-turca.
Sicuramente il nostro soldato pensò di aver fatto il suo dovere, infatti venne concessa la dichiarazione di aver servito con fedeltà e onore, per i successivi 4 anni tornò a fare il suo lavoro, ossia il bracciante.
Sicuramente per lui, fu difficile capire, a quasi 30 anni, con moglie a carico, per quale motivo si volle cominciare una guerra di proporzioni inimmaginabili contro l’Austria.
Arrivò in zona dichiarata in stato di guerra il 26 agosto 1915, venne inizialmente inserito tra le file dei Verdi del Podgora, ossia il 27 reggimento fanteria (Brigata Pavia), per rimpinguare le fila dopo la seconda battaglia dell’Isonzo che ridusse i soldati di questa brigata dell’60/70% tra morti, feriti e dispersi.
Ragu entrò in linea, e vide per la prima volta la vera guerra i primi di ottobre del 1915, poche settimane dopo ebbe inizio l'assalto al Sabotino (terza battaglia dell'Isonzo); il 27° attacca la zona denominata "il fortino", e qui Francesco si imbatte nel più temibile degli avversari: I Reticolati.
Nonostante il bombardamento delle artiglierie italiane, atte a distruggere questi formidabili grovigli di ferro, essi rimasero intatti e non permisero manovre in forze, i pochi che riuscirono a raggiungerli vennero inesorabilmente falciati dalle mitragliatrici austriache, possiamo solamente immaginare che effetto possano fare, sulla psiche di un uomo già indebolito dalla sua malattia ed abituato ai silenzi degli Appennini toscani i frastuoni dei cannoni, degli spari, delle bombe e soprattutto la visita dei cadaveri e dei mutilati falciati dagli shrapnel e dalle mitragliatrici, per non parlare dei lamenti dei feriti e delle suppliche dei morenti. All'alba del 24 (tre giorni dopo il primo assalto) l'artiglieria italiana riprese il bombardamento delle linee avversarie, permettendo una parziale conquista dei trinceroni blindati. Terminata la battaglia, la Pavia torna nelle retrovie dove attende l'arrivo di altri complementi. E Francesco ne uscì incredibilmente incolume.
Il 27° Reggimento, a novembre, dopo pochi giorni di riposo ritornò in linea di fronte alle posizioni di Oslavia, ma il nostro uomo rimase solo pochi giorni in questa posizione, infatti il 6 novembre avviene il suo primo sposamento, cambiò reggimento, spostandosi al 12 reggimento fanteria, soprannominati i gialli del Podgora, ma rimase nello stesso corpo d’armata e più o meno negli stessi luoghi.
Lo spostamento di reggimento è impresa ardua, infatti dal 4 al 6 novembre nelle posizioni guadagnate solo poche ore prima dal 12 reggimento fanteria, come non bastassero i contrattacchi austriaci, sono martoriate pure dalle condizioni meteo impervie, diluvia, e le trincee sono ridotte a un cumulo di fango.
Quattro giorni dopo, con direttiva del comando supremo italiano, comincia la quarta battaglia dell’Isonzo, l’obbiettivo dei Gialli, è quello di conquistare il monte Calvario.
Il primo grande ostacolo però, fu quello di superare la quarta linea di trincee austriache, la manovra ebbe successo solo dopo diverse ore di combattimenti all’arma bianca, questa, sicuramente è la modalità di attacco logorante e stressante sia dal punto di vista fisico che mentale, in poche parole: mors tua vita mea, l’unico modo per sopravvivere è uccidere i nemici che si presentavano davanti.
Per una settimana, i fanti della Casale cercarono di assestarsi sulla linea conquistata, continuando comunque ad esplorare la terra di nessuno e cercando le migliori strategie per conquistare il Calvario.
La notte tra il 19 e 20 Novembre, inizia l’attacco decisivo ai baluardi del monte, dopo diverse ore di combattimenti, come avvenne solo una settimana prima, gli obbiettivi vennero raggiunti.
Per i successivi quindici giorni, Ragu e i suoi commilitoni dovettero resistere in primo luogo ai furiosi contrattacchi austriaci, che avvennero sia via artiglieria sia con attacchi all’arma bianca.
In seconda istanza alle condizioni atmosferiche, proibitive per via delle piogge e del gelo.
Ciò sicuramente favorì parzialmente i nostri fanti dagli attacchi, ma allo stesso modo, non dava via di fuga.
Fortunatamente il 5 dicembre, grazie all’impossibilità dei movimenti, data dal freddo e dal gelo, si concluse la quarta battaglia dell’Isonzo.
Poco dopo la brigata venne sostituita e mandata a riposo nei baraccamenti di Villanova di Judrio, le perdite di queste ultime battaglie divennero davvero impressionanti, più di 3000 uomini non furono più abili ai servizi di guerra.
Francesco, fisicamente, ne uscì indenne, anche se dopo aver vissuto un mese di feroci combattimenti tra bombardamenti, baionette e mitragliatrici, sicuramente cominciò a pensare un modo per sfuggire a questa inutile mattanza.
L’inizio del 1916 fu tranquillo, infatti fino a fine gennaio la brigata Casale rimase a riposo, rientrò in prima linea a inizio febbraio, i luoghi erano sempre gli stessi: Podgora e Calvario, sempre ad un passo da Gorizia. La quinta battaglia dell’Isonzo venne vissuta solo in parte da Francesco, che per sua fortuna si trovava a riposo, solo una settimana dopo la fine della “spallata” cadornina, i gialli si ritrovano nuovamente in prima linea, dove se ne allontaneranno solamente dopo la conquista di Gorizia.
La svolta avvenne il 23 luglio del 1916, la pesantezza e lo stress provocato da più di quattro mesi di prima linea e l’inizio di grandi movimenti di uomini e mezzi in preparazione alla sesta battaglia dell’Isonzo (che si concluderà con la prima grande vittoria italiana, la conquista di Gorizia), fanno si che Ragu progetti la sua fuga.
La notte tra il 22 e il 23 luglio, il nostro fante venne mandato in servizio di corvèe, quando si trovò nelle retrovie per il carico del rancio, fece perdere le sue tracce, cercando così di non prendere parte alla battaglia che si stava profilando all’orizzonte; si ripresentò spontaneamente, il linea, precisamente al comando di battaglione esattamente due giorni dopo, conscio di evitare pene severe come la fucilazione per diserzione in faccia al nemico, essendosi ripresentato prima delle 48 ore di irreperibilità.
Fu comunque aperto un procedimento penale, venne effettuata una condanna a suo carico, emessa il 31 luglio 1916 dal tribunale militare del sesto corpo d’armata, che sentenziò due mesi di carcere militare, evitò cosi le successive 4 battaglie carsiche.
Le condizioni del carcere militare, all’epoca, erano molto severe, il rancio per esempio, era composto da: acqua, pane e zuppa. In parte, però, la situazione di carcere duro era più vivibile che il dover convivere con malattie e morte in trincea
Il 22 novembre, ben oltre i due mesi previsti dalla sentenza, venne rilasciato.
Il giorno seguente, fu riaggregato al 12 reggimento fanteria, che si trovava a riposo nelle zone di Villanova di Iudrio e Medeuzza.
Rimane nelle trincee di Doblar e Canale fino a fine gennaio, fortunatamente senza azioni degne di nota, ma solamente con piccole scaramucce fatte da pattuglie dei due schieramenti.
A inizio febbraio, la brigata si trova a riposo nelle zone di Buttrio e Kamno.
Il 17 febbraio, con ordine del comandate della brigata, venne spostato al neonato 261 reggimento fanteria ( brigata Elba), probabilmente pensando che, qualche mese di esercitazioni lontano dal fronte, avrebbe placato i suoi problemi e migliorato lo spirito.
Il 19, dopo un breve viaggio in camions, Ragu si trova per la prima volta lontano dal fronte, precisamente a Palmanova, da qui iniziano due mesi di tattica e si concludo alla fine di aprile.
Qui la brigata comincia il suo trasferimento verso la linea del fronte, per l’ennesima volta Francesco si ritrova nelle trincee tanto odiate, che pensava finalmente di essersene liberato.
Dopo un breve trasferimento giunge a Prepotto, quindi, alle dipendenze della 47a divisione, entra in linea nei pressi di Castagnevizza del Carso, a soli 21 chilometri dalle posizioni vissute e odiate pochi mesi prima. Ai primi di maggio, il comando della "Elba" assieme al 262° reggimento è dislocato invece tra Visinale del Judrio e Dolegnano (ad est del fiume Natisone).
A metà maggio la Brigata riunita è tradotta dapprima a San Martino di Quisca, quindi a Krasno per sostituire i reparti impegnati sul Monte Vodice nei combattimenti della decima battaglia dell'Isonzo.
A cavallo tra maggio e giugno la Brigata è inviata di riposo presso Dolegnano, quindi l'8 giugno è di nuovo operativa in Valle Oblinc, sulla strada che da Vipulzano porta a Dobra.
Il 10 luglio la truppa torna sul Vodice, alle dipendenze della 53a divisione, dove rimane sino alla prima decina di agosto. Dopo un breve periodo di riposo a Prepotto, la "Elba" è inviata tra Debenje e Zapotok (it. Zapotocco), a nord di Plave. In vista dell'offensiva italiana verso l'Altipiano della Bainsizza, la Brigata è richiamata all'azione: il 261° si schiera nella Valle Buce, mentre il 262° passa l'Isonzo (sl. Soča) ad Ajba, puntando verso le alture dei Monti Ossoinca (sl. Osoiniza) ed Oscedrik. Anche il 261° passa il fiume, raggiungendo la 47a divisione al Roccione del Diavolo. Il 26 agosto la "Elba" è inviata a riposo tra Gorenja Vas e Krestenica: la battaglia per la Bainsizza ha causato all'organico la perdita di oltre 750 uomini.
Riunitasi ad inizio settembre presso Brestie (poco sopra Quisca / Kojsko), la Brigata passa l'Isonzo presso Salcano (sl. Solkan, oggi un sobborgo di Nova Gorica) dislocandosi verso la Sella di Dol (sl. Preval / Prevalo).
I primi di settembre dopo più di due anni di guerra, finalmente, arriva l’agognata licenza di 15 giorni. Alla fine di questo periodo, vive il suo secondo problema con la legge militare, più problematico del primo.
Infatti si rende protagonista della violazione di 3 leggi militari, e tutte molto gravi:
facendo fede allo statuto militare in vigore all’epoca, cioè il codice penale del 1870,gli articoli della quale si rese colpevole sono i seguenti:
139) il sott’uffiziale, caporale o soldato che dovendo recarsi al corpo o rientrarvi, essendo terminato il suo congedo o licenza, o trasferirsi ad una destinazione qualunque , non vi sarà, senza giusti motivi, presentato entro cinque compiuti dopo quello statogli prescritto, sarà considerato disertore
Numero 1, 141) la pena della reclusione militare sarà da due a tre anni: 1° nel caso di recidiva nello stesso reato di diserzione
145) La diserzione in tempo di guerra sarà sempre punita colla reclusione militare da tre a cinque anni. Qualora concorrano in tale diserzione una o piu delle circostanze enumerate negli articoli precedenti, la pena avrà, secondo la maggiore o minore gravità delle circostanze medesime, da cinque anni a quindici
Tutti questi reati, sommati alla recidività, inducono il tribunale alla pena di anni 3 e 1 mese.
Il fatto che il reato sia stato denunciato direttamente dai reali carabinieri del suo paese natale, ossia, Pontassieve, fa pensare con sicurezza che cercò di sfuggire al ritorno al fronte dandosi irreperibile, venne tenuto in carcere preventiva fino al 3 ottobre, quando il tribunale militare di Bologna decretò la pena sopra citata.
La guerra di Francesco, dopo questa sentenza, era finita, ma nessuno poteva prevedere ciò che sarebbe successo appena 22 giorni dopo la sentenza.
CAPORETTO
Il 26 ottobre, viene sospesa con effetto immediato la sentenza, e il nostro soldato viene aggregato al 27 reggimento fanteria, salvo essere spostato al 201 reggimento solamente 4 giorni dopo.
Esattamente 24 giorni dopo essere entrato nelle fila della brigata Sesia, dopo aver respinto vari attacchi austriaci nelle zone del Basso Piave, tra Candelu, Saletto e Fagarè.
Viene ordinato a Francesco di piazzarsi nel ridottino numero 2, a pochi metri da Casa Sernagiotto, lui non ne può più di questa dannata guerra, e si chiude nei suoi pensieri dando le spalle al nemico, guardando le sterminate campagne della pianura veneta, in quel momento, per sua sfortuna passa in ispezione l’aspirante Gaspari….
Cavrie, 2 Dicembre 1917, ore 17
Che brutta notte, tutto si sarebbe aspettato, ma pensava di riuscire a salvarsi pure stavolta, invece no.
Il tragitto che lo separa dal suo Calvario, è breve, poco più di 500 metri, nevica, la temperatura e sottozero.
Ad accompagnarlo, alla sua esecuzione ci sono sia il parroco di Cavrie, don Domenico Nena che l’ufficiale medico addetto a constatarne la morte: Riccardo Memeo, che meritò una medaglia d’argento nel giugno 1918, quando venne ucciso da una granata austriaca mentre era proteso a curare un ferito, scherzo del destino, a poco più di 300 metri dal punto di esecuzione del soldato Ragu.
Nelle memorie dell’ufficiale medico, è presente un piccolo paragrafo inerente a Francesco, narra infatti della difficoltà di assistere a una fucilazione, e di come questo giustiziato del 2 dicembre 1917 a Cavrie, fu l’esecuzione più struggente, perché il condannato rifiutò di essere bendato, e la sua ultima parola, urlata nel silenzio generale fu: Mamma