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Angelo Astolfoni
Angelo Astolfoni, detto Nino, è nato a Sacile nel 1891. Il padre, ufficiale giudiziario, era di Venezia e si era formato nell’ambiente della borghesia illuminata della città lagunare, erede degli ideali che hanno caratterizzato l’epopea rivoluzionaria di Daniele Manin. La madre, triestina, era suddita austriaca ma apparteneva a una famiglia di ferventi irredentisti. Nino è rimasto orfano di padre all’età di dodici anni, dopo che la famiglia si era stabilita a Venezia. Questo lo ha costretto ad abbandonare gli studi classici per dedicarsi al lavoro. Il percorso professionale lo ha portato a essere assunto in qualità di redattore in quello che all’epoca era il quotidiano cittadino più prestigioso, la Gazzetta di Venezia. Nel contempo ha saputo alimentare un talento evidenziato fin dalla tenera età, e che lo ha portato a diventare un apprezzato artista. Ha frequentato i corsi di pittura e incisione tenuti presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia ed è stato attivo nel campo della grafica editoriale, realizzando l’impaginazione e le illustrazioni di due libri di poesie. Nino ha intrecciato forti legami con giovani molto attivi nella realtà culturale del periodo pre-bellico. Alcuni, come Elio Zorzi, sono sopravvissuti al conflitto diventando protagonisti nel proprio ambito professionale; altri, come il pittore Pier Angelo Stefani, hanno portato per sempre sul corpo i segni della guerra. Tutti hanno rimpianto la sua morte. La scomparsa di Nino ha inoltre cambiato drasticamente l’esistenza di chi gli era più vicino. Per esempio la sorella, fidanzata con un ufficiale ungherese con il quale manteneva i contatti malgrado la guerra, ha cancellato dalla propria vita l’innamorato colpevole di essere schierato con chi le aveva ucciso l’adorato fratello. Mentre Lina Rosso, la compagna di corso all’Accademia con la quale Nino prima di morire aveva instaurato un rapporto che probabilmente andava al di là dell’amicizia, non si sposerà mai, dedicando la propria vita esclusivamente all’arte e diventando un’affermata pittrice. Risulta interessante anche il coinvolgimento di Nino nel conflitto: chiamato alle armi nella primavera del 1915, ha frequentato un corso accelerato per la nomina a sottotenente. Dopo un periodo trascorso in retrovia, è stato inviato al fronte sull’Altopiano dei Sette Comuni, inquadrato in una brigata – la “Rovigo” – costituita con l’obiettivo di contrastare l’offensiva scatenata dagli austro-ungarici nella primavera del 1916 e passata alla storia con il nome di Strafexpedition. Nino era alto 1 metro e 80, un vero gigante per l’epoca; era inoltre in grado di disegnare nel dettaglio mappe e panorami, e possedeva una buona conoscenza della lingua del nemico, il tedesco. La prestanza fisica e queste particolari competenze hanno indotto i suoi superiori ad affidargli il ruolo di “esploratore”, che alcuni studiosi ritengono essere anticipatore della ben più celebrata figura degli “arditi”. Agli esploratori venivano assegnate missioni di ricognizione che molto spesso avevano un esito fatale. E infatti il 27 giugno 1916 – tre giorni dopo il battesimo del fuoco – Nino è stato ferito. È poi morto il 29 giugno in un ospedale da campo allestito a ridosso del fronte. Per il suo comportamento gli è stata concessa la medaglia di bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione: « ASTOLFONI Angelo, da Venezia, sottotenente reggimento fanteria: – Alla testa di un plotone esploratori, con intelligenza e coraggio, fugava forti pattuglie nemiche e forniva preziose informazioni al proprio comandante, rendendo cos' possibile al battaglione di avanzare in un terreno assai insidioso. Persisteva arditamente nel suo compito, finché cadde mortalmente colpito. – Casera Zingarella (Vicenza), 27 giugno 1916.»
Essendo stato anche un ottimo artista ho voluto richiamare la sua vita in 4 colori: Nero (cremoso al carbone): richiama Venezia, infatti per un periodo fu anche giornalista della gazzetta Rosso (cremoso alla fragola): il suo ferimento e la successiva morte durante la guerra Giallo (bavarese alla birra): parlando bene il tedesco fu un ottimo esploratore Verde( bavarese alla menta): molti suoi effetti personali sono stati ritrovati grazie a un asse Boston-Venezia Il fiore: il suo essere un “esploratore” ossia una prima infarinatura degli arditi Il dolce si mangia partendo dalla bavarese al carbone e si avanza in senso orario , la base ossia il cioccolato cristallizzato ,a destra, richiama la sua vita terrena, la parte bianca (meringa)invece rappresentano i fatti scoperti da Paolo Seno grazie alle sue ricerche .

