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Caporal Ruffini

Protagonista:


Quel giorno, insieme a parecchi uomini e donne del paese, ad osservare la colonna di artiglieri marciare lungo la via, c’è anche un alto ufficiale veronese, Andrea Graziani, da poco nominato Ispettore generale del movimento di sgombero delle truppe. E’ un nome temuto tra i soldati: lo chiamano il “generale fucilatore” per la sua abitudine di passare per le armi i combattenti che, a suo dire, mettono “in giuoco la salvezza dell’Italia”. E non importa se quelli mandati a morire, senza processo, sono realmente disertori o militari sbandati: basta una sciocchezza, a volte anche nulla, perché egli ne ordini la fine. I suoi bandi con i nomi dei giustiziati sono affissi nei paesi e nelle città: rappresentano il “salutare esempio” su cui fin dal 1915 preme lo zelante generale Luigi Cadorna, affinché nell’Esercito “regni sovrana una ferrea disciplina”: “Nessuna tolleranza […] sia lasciata impunita […] La punizione intervenga pronta, l’immediatezza nel colpire risulta di salutare esempio”.


Quando le truppe gli passano davanti, Graziani sente delle voci ripetere: “Levati il sigaro”. Appartengono ad alcuni artiglieri e sono rivolte a Ruffini, che tuttavia non dà loro ascolto. L’ufficiale superiore a quel punto gli si avvicina e, dopo averlo sgridato, lo colpisce con un bastone. Al sindaco di Noventa, che si fa va avanti per difenderlo, Graziani urla, furibondo: “Dei soldati io faccio quello che mi piace”. A rivelare quanto è successo dopo ci penserà il quotidiano L’Avanti il 28 luglio 1919: “Lo fa buttare contro un muricciuolo il Ruffini e lo fa fucilare immediatamente tra le urla delle povere donne inorridite. Poi ordina al T. colonnello Folezzani (del 28° artiglieria campale) di farlo sotterrare”, motivandone la morte per asfissia, e riparte.

Il dolce:


Sfera nera e gialla di isomalto, che richiama i colori delle mostrine usate dagli artiglieri durante la grande guerra; alla quale ho aggiunto una marmellata di zucca e delle foglie di the verde che richiamano i filamenti di tabacco usati dal Ruffini nella sua pipa.

Sotto alla cupola e prendente una piccola bavarese alla vaniglia e amaretti







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